Il 25 aprile non è solo la commemorazione della Liberazione dalla dittatura nazifascista. Dovrebbe essere lo spunto per riflettere, comprendere, ricordare. Proprio la memoria storica di un così importante momento per il Paese è messa sempre più spesso a repentaglio da interpretazioni faziose, fatte da non specialisti che di metodologia della ricerca storica sanno davvero poco. Perché se nessuno probabilmente si spaccerebbe mai per medico, fisico, matematico o quant’altro, in molti sono i sedicenti storici o “storici dilettanti” che si avvalgono dei mezzi di comunicazione di massa per inculcare il loro punto di vista. Magari scritte in maniera accattivante, cosicché il lettore “non addetto ai lavori” non riesca a distinguere il volume storiografico dal racconto romanzato. Perché
Fortunatamente, per quanto riguarda la storiografia della Resistenza, abbiamo numerosi esempi, soprattutto recenti, di storici di grande serietà e di brillante acume, che si sono interrogati sulle problematiche più spinose del 1943-45; poiché siamo ormai in una società in cui la cultura e l’informazione vanno cercati personalmente, mi permetto di consigliarvi le opere di alcuni tra i maggiori studiosi della Resistenza in particolare e della storia italiana contemporanea in generale: come Santo Peli, autore del recente
Per questo motivo invito tutti a fare, oltre ad una costruttiva lettura, una riflessione sull’uso pubblico che viene fatto della Storia e su quanto quest’uso, se condotto in maniera indiscriminata, possa essere paurosamente dannoso. Proprio alla vigilia del 25 aprile ho visto proliferare le solite frasi fatte che inneggiavano a non festeggiare
Isolte